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Abba Libera

È risaputo che il corpo di una persona adulta è composto per circa il 65% d’acqua (che equivale approssimativamente a 45 litri) e sappiamo anche che sono più di 25.000 i litri che un essere umano beve durante la propria vita per le proprie funzioni biologiche e organiche. Allo stesso modo tutti gli altri esseri viventi, proprio tutti, traggono sostentamento dall'acqua. Possiamo quindi affermare con cognizione di causa che senza acqua non c'è vita e che dalla qualità dell'acqua dipende la qualità della vita. Dovrebbe bastare solo tale considerazione per convincersi a votare Sì al Referendum abrogativo del 12 e 13 Giugno.
Infatti, il 5 Agosto 2008 il governo italiano ha dato il via alla privatizzazione dell’acqua pubblica.
L'articolo 23bis del DL 112 del ministro Tremonti stabilisce infatti che, pur restando le reti idrauliche di proprietà pubblica, la gestione del fondamentale liquido trasparente potrà essere affidata a privati, e attraverso il comma 1 dichiara inoltre che l’amministrazione dei servizi idrici dovrà essere sottomessa alle regole di concorrenza e mercato, con una illogica devastazione dei servizi pubblici locali, adoperati dunque come fonte di guadagno.
Così il governo Berlusconi ha sancito che in Italia l'acqua non sarà più un bene pubblico ma una merce, gestita da multinazionali, imprenditori o società di qualunque forma .
Il 9 Settembre 2009 segue l'art. 15 del DL 135/2009, convertito nella Legge 166/2009, che interviene modificando ulteriormente la normativa sulle concessione dei Servizi Pubblici Locali ponendoli sotto il controllo privato. Alla fine del 2011 saranno rimosse definitivamente dalla gestione del servizio le aziende a totale capitale pubblico, eccetto le imprese le cui quote azionarie al 2015 si riducano sotto il 30%. È comunque giusto sapere che l’industrializzazione del settore idrico è iniziata con la legge n. 36/1994 nota come “legge Galli”, in cui si assegnava la riorganizzazione del frammentato servizio idrico ad autorità regionali e a sua volta a società pubbliche o pubblico\private.
Detto ciò, sostanzialmente per noi cosa è cambiato? Tradotto in soldoni, rendiamo idea con un esempio: a Latina e Aprilia il gestore responsabile della distribuzione dell'acqua è una società chiamata Acqualatina spa, di cui il 49% è definitivamente in mano della multinazionale francese Veolia. Caso vuole che le bollette siano aumentate per le prime case di oltre il 110%, e tra il 170% e lo smisurato 530% per le seconde.
Per i commercianti gli aumenti sono stati ancora più pesanti. A parità di consumi, un ristorante che avrebbe pagato al Comune una bolletta di 189,97 €, con la prima bolletta di ACQUALATINA si è visto aumentare la tariffa del 380,59% (pari a 912,97 €), fino agli attuali 1.177,89 € (aumento del 512,43% - Fonte Legambiente).
Il comma 1, dell’art. 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del DLgs 152/2006 afferma infatti che il prezzo dell’acqua dovrà essere deciso dai gestori del servizio in base agli investimenti fatti, senza nessun tetto o cura delle reali possibilità del cliente. Nessuno verrebbe a rimproverarti degli sprechi fatti insomma, non ci sarebbe nessun limite al consumo. Ma allora ci chiediamo, perché privatizzare l’acqua e trasformare in un prodotto un diritto inalienabile, che dovrebbe essere salvaguardato e preservato? In teoria, il privato dovrebbe essere maggiormente in grado di garantire una superiore suddivisione della risorsa, all’opposto della impresa pubblica che tuttora perde il 60% dell’acqua su condutture colabrodo, ma tutto ciò si scontra con le basi di una società civile e organizzata, dove un bene comune e fondamentale non può essere monetizzato a scapito di una “più comoda” gestione, che dovrebbe essere tuttavia garantita pubblicamente a costi sostenibili per la comunità. Proprio a tale proposito vi chiediamo, di votare con noi SÌ ai quesiti numero 1 e 2 del Referendum abrogativo del 12 e 13 Giugno prossimo, e di non rimanere impassibili di fronte alla negazione della vita stessa.

di Luca Senis

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