Via Sergio Atzeni
Posted by
Davide "boldraker" Boldrini
on 05:49
0
commenti
Intitolare una via di Cagliari a Sergio Atzeni. E non una via di periferia o marginale. Eliminare dal salotto del centro il nome di Vittorio Emanuele, simbolo di un'eredità sabauda che continua a segnare la vita socio-politica sarda, e sistemare al suo posto quello di uno dei più apprezzati fra i poeti che hanno cantato “la città bianca” nel corso del '900. Probabilmente il più sfortunato tra loro, quello che trova la morte poco più che quarantenne nelle acque dell'isola di San Pietro.
La scritta che appare su un muro del Corso Vittorio Emanuele può essere sembrata a molti una provocazione. Per alcuni, i più sensibili forse, potrebbe essere un disperato appello affinché venga riconosciuto il talento e valorizzato il nome di uno dei geniali, seppur sfortunati, figli del sud Sardegna.
Uno scrittore puro, che ha raccontato le storie di tossici di Is Mirrionis e delle smaliziate bambine di S.Elia; che ha narrato di viaggiatori mediorientali e africani approdati al porto, di minatori anarchici di Montevecchio spariti nel nulla, di scioperi, di inquisizione spagnola e di giovani disadattati sardi costretti ad emigrare. Ma soprattutto lo scrittore che ha saputo raccontare la millenaria storia sarda con una delicatezza e un velo di disilluso romanticismo che nessuno aveva mai usato e che difficilmente qualcuno potrà riciclare in futuro. Passavamo sulla terra leggeri è il romanzo che dovrebbe essere incluso nei programmi didattici delle scuole medie sarde, nelle quali la cultura sarda ha ancora troppo poco spazio. È la felice sintesi di Storia con la S maiuscola e la più fine arte letteraria: Atzeni inventa, trasforma, crea una narrazione sul canovaccio del reale scorrere dei secoli nella nostra isola rendendo vivi i S'ard, il popolo dei danzatori delle stelle, e incarnandosi nel cantore incaricato di trasmettere la loro storia ai posteri. E lo fa con una lingua nuova per la letteratura: una lingua che mescola il rigore dell'italiano con l'espressività dell'italiano regionale, con i colori della lingua sarda e con echi e monosillabi di una lingua primordiale, a noi sconosciuta, ma per la quale non esiste la necessità di glosse o note esplicative. Di questo sono fatti i romanzi, i racconti e le poesie di Sergio Atzeni: di una modulazione narrativa che richiama i ritmi dell'oralità. Un linguaggio che, come i S'ard, “passa sulla terra leggero come acqua, come acqua che scorre, salta, giù dalla conca piena della fonte, scivola e serpeggia fra muschi e felci, fino alle radici delle sughere e dei mandorli...”: un linguaggio che arriva dritto al cuore del lettore. Tutto questo sarebbe sufficiente per intitolare una strada a “Sergio Atzeni (1954-1995), scrittore”.
Stefano Pau
0 commenti
Leave a Reply