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La Maglietta Rossa

Il tennis era silenzio... i gesti, le espressioni..
si sentiva solamente il rumore della palla
contro la racchetta, il rimbalzo e basta.
Adriano Panatta


Introspezione. Questa è la prima parola che mi è venuta in mente a visione ultimata del docu-film "La maglietta rossa" di Mimmo Calopresti (2009). Ma non è l'unica parola applicabile, non può essere l'unica, perché all'interno di questa pellicola sono riscontrabili temi mutevoli e importanti. Il fulcro della storia si svolge nel 1976 durante la finale di Coppa Davis in Cile, allora affossato dalla dittatura del generale Pinochet; in quella occasione Adriano Panatta e il suo compagno di squadra Paolo Bertolucci, decidono di usare una maglietta rossa. La maglietta rossa è un segno di protesta, è un simbolo, contro quel golpe che vide morire Salvador Allende (nel 1973) e lasciò il Cile in balia dell'oppressione.
Ma il film non parla solo di questo, in realtà è un susseguirsi di filmati dell'epoca, di interviste, di testimonianze di quel clima, anche di chi era contrario a quel gesto che tanto fece discutere. "Pinochet sanguinario, Panatta milionario" era lo slogan che riecheggiava allora. Ma oggi passa veloce dinanzi agli occhi, se paragonato a quello che realmente suscitò in tutto il mondo quel gesto audace e discusso. L'inizio ci offre delle immagini random e una vecchia esibizione dei Ribelli con "pugni chiusi", un messaggio di Allende al popolo prima di essere assassinato, filmati dei disordini sbocciati in Italia. Va avanti così, tra il tennis (quello di una volta) e la politica, con interviste a personaggi come Paolo Villaggio, la storia sfuma fino alle immagini su cui si basa la storia, il bianco e nero, con in risalto solo ed esclusivamente la maglietta rossa.
Calopresti è un abile giocatore in regia, riesce a tessere una tela complessa attorno al protagonista che racconta sé stesso. Il gioco di immagini è lento e sapientemente articolato, il risultato emoziona.
A questo punto è doveroso spiegare il motivo per cui questo film-documentario si trova sul nostro giornale. Il motivo è semplice e straordinario. Mimmo Calopresti ha trovato, in rete, un filmato in Super8 che ritrae un gruppo di ragazzi che gioca a tennis negli anni '70, tutti vestiti di bianco tranne uno, con la maglietta rossa. Quei ragazzi sono nostri compaesani e i campetti sono quelli di San Gavino. L'iter che ha portato questo bel filmato a finire nella pellicola è troppo lungo da raccontare, ma il risultato vale più delle parole. È arrivato, è incastonato là in mezzo, per sempre. È testimonianza di un particolare periodo, di lotte, di sogni. Si amalgama col resto, ma forse ci colpisce di più, essendo parte della nostra storia, della nostra cultura.
Non ci resta che abbandonarci al flusso della cellulosa e goderci questa bellissima storia.

Vorrei porgere un personale saluto a tutti i provetti tennisti presenti nel Super8. Sperando che questo film e questo articolo mantengano viva la memoria del "Panatta" in erba con la maglietta rossa...

Camilla Fois

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